Michelangelo Da Pisa – Stati d’Animo
Mi stancano persino i puzzle da cento pezzi, figurati se ho voglia di ricomporre il mio cuore.
Mi stancano persino i puzzle da cento pezzi, figurati se ho voglia di ricomporre il mio cuore.
Dentro di noi abbiamo sempre tutte le risposte, è che a volte si ha paura persino delle domande, di affacciarci dentro, di scoprirci. Si finisce per accumulare sotto quel tappeto polvere e dubbi, fragilità e debolezze, finché un giorno ci inciamperai sopra rovinosamente.
Mi rendo conto che oggi tutto va urlato per esistere, un pensiero, un’idea, un sentimento. Io no. Sono per i sussurri, per le frasi sottovoce, per il dialogo tra occhi nella penombra di un’auto, forse perché ho paura che il destino possa vedermi felice o forse perché quando sono con te non ascolto altro rumore che non sia il battito dei nostri cuori.
Perché la gente ha pudore, quasi timore della cosa più naturale al mondo, essere se stessa? Come se io avessi vergogna di respirare, di camminare, di vedere. Si vive con tutti quegli abbracci mancati, quegli sguardi deviati, quelle parole abortite in gola, quei vaffanculo smorzati tra i denti. Se imparassimo a svestirci dell’opinione altrui indossando il cuore, vivremmo la nostra vera vita, non quella che per inerzia abbiamo creduto di vivere finora.
Questo curioso vizio di etichettare ogni cosa, di perimetrare tutto in anguste definizioni, come fossero dei mattoncini lego da riporre ordinatamente negli scatoloni. La realtà è che tu puoi definire il dolore di un femore rotto, ma non quello di un’anima dilaniata, puoi descrivere l’euforia di un attimo, ma non la felicità di una vita, puoi delineare i contorni dell’affetto, ma non tratteggiare i limiti dell’amore, puoi rappresentare un ricordo, ma non il tormento che scatena, puoi ingabbiare un puma, ma non il suo desiderio di libertà.
Fulmini, vento, tuoni e pioggia. No, non osservo il mondo fuori dalla mia finestra, mi affacciavo un attimo dentro di me, attendendo la neve a ovattarmi la vita.
In realtà le parole le lascio cadere su un foglio per disfarmene, perché averle addosso appesantisce il mio cammino, sono zavorra per il mio animo.
Osservo tutto, ma faccio finta che non veda, ascolto tutto, ma faccio finta che non senta, provo tutto, ma mi vesto di indifferenza. Vivo due mondi paralleli dentro e fuori di me e sono entrambi densamente popolati.
Quella dolcezza nei suoi gesti era straordinaria perché non riuscivo a contare tutti i graffi che aveva sull’animo.
La noia non esiste in natura, esistono solo persone incapaci di stringere alleanze col tempo.
Freddo, nuvole, tuoni. E fuori c’è il sole.
In ogni galassia ci sono circa quattrocento miliardi di stelle, le galassie stimate nell’universo sono circa centoquaranta miliardi, i pianeti stimati sono dieci miliardi di trilioni e quelli che ospiterebbero forme di vita sarebbero alcuni milioni. Ora dimmi, come fai a sentirti solo?
Sentirsi originalmente trasgressivi perché si bestemmia è come sentirsi ricchi perché si possiede Parco della Vittoria al Monopoli.
Come puoi non ammorbidirti quando vedi un’anziana china, stanca, trascinarsi dietro un carrello portaspesa che sembra contenere l’intero peso dei suoi anni?
Ormai è da un paio d’anni che nella mia vita lascio tutto incolto, il mio orticello, la mia barba, i miei hobby, i sentimenti. Dovrei ridipingere di verde il pollice e arcobalenizzare tutto il resto.
Non credo né alle coincidenze né al fato, ma sembra che gli oggetti ancorati a un ricordo sappiano perfettamente quando rompersi, quasi a volerti urlare qualcosa.
O lo si ama o lo si detesta, è così da sempre, non ci sono sfumature; sguinzaglia ricordi, qualche rimpianto ed è scomodo da vivere. Mette ansia, lo si aspetta da sempre, non si vede l’ora che passi, perché in fondo misura la temperatura del tuo animo, mette a nudo il tuo umore. Un po’ il Natale svela subdolamente chi sei.