Silvia Avallone – Uomini & Donne
Francesca ficcò il muso nel suo petto e finalmente riuscì a non fingere. Si lasciò scappare un pianto, quasi muto. Lui non cercò più spiegazioni. Solo, abbracciandola, aveva avuto un’erezione.
Francesca ficcò il muso nel suo petto e finalmente riuscì a non fingere. Si lasciò scappare un pianto, quasi muto. Lui non cercò più spiegazioni. Solo, abbracciandola, aveva avuto un’erezione.
Enrico aveva insistito con Rosa per accompagnare lui Francesca dal medico. Non aveva voluto sentire ragioni. Sapeva che se ci fosse andata Rosa, le sarebbe scappata una parola di troppo. Sarebbe scoppiata a piangere, chissà cosa si sarebbe inventata. E di parole, invece, ne dovevano uscire poche. Poche, e soprattutto convincenti.
Appena vedeva l’acqua, Anna impazziva.
“Non sono gelosa” “Lo sei! Ce l’hai con me. Perché? Cos’è, ti dà fastidio se bacio Massimo? Guarda che anche se tu baci un ragazzo, e io bacio un altro ragazzo, non cambia proprio niente fra noi. Capiterà un giorno che noi, tutte e due, ci fidanzeremo. Non dico con Nino o con Massi, ma in generale ci fidanzeremo. E faremo l’amore con i nostri fidanzati, e passeremo molto tempo con loro, e andremo in discoteca, mano nella mano, e poi ci sposeremo, faremo molti figli, io andrò a studiare lontano, tu vincerai Miss Italia, e per forza di cose, magari per un certo tempo, ci divideremo.”
Era la creatura più bella di questa Terra. Come lo sono le donne immaginate, quelle che non si vedono. Quelle su cui puoi solo fantasticare leggendo un romanzo di Tolstoj o di Flaubert.
Il ventennio breve. Un’epoca cominciata agli inizi degli anni Novanta, che aveva gradualmente spopolato le province, spostato masse di giovani fiduciosi in città. L’epoca del “miracolo economico”, della Ruota della Fortuna e del Gabibbo, quando sembrava ovvio poter vendere qualsiasi cosa: un progetto politico, un paio di gambe, un pezzo di truciolato spacciandolo per massello, è adesso finita e sepolta nei cartelli “fuori tutto” e “cessata attività”.
Il diavolo sta nei dettagli.
E poi […] ricordò vagamente, come si ricordano le cose che non si vogliono ricordare.
“E tu chi sei?” “Mi chiamo Mattia, piacere di conoscerti. In verità ci siamo già conosciuti, ma eri una scricciola di otto o nove anni, forse non ti ricordi.”
“Mamma scusami se sono sporco” “Non ti chiedo niente ma tu promettimi” “Sssh!” “Promettimi che questa è l’ultima volta che vai a fare non so cosa di notte.”
Devo fare due passi, sennò lo strozzo.
Devo fare due passi, sennò lo strozzo.