William Shakespeare – Filosofia
“[…] novità?””Nulla monsignore, se non che il mondo si è fatto onesto!””Allora, il giorno del giudizio è vicino.”
“[…] novità?””Nulla monsignore, se non che il mondo si è fatto onesto!””Allora, il giorno del giudizio è vicino.”
Se possedessi un sorriso raggiante, ne farei un brevetto, per poterlo regalare a tutte quelle persone che chissà per quale motivo non sorridono mai.
Solo tardi si ha il coraggio di ciò che propriamente si sa. Che io sia stato finora fondamentalmente nichilista, me lo sono detto solo da poco: l’energia, la nonchalance con cui andavo avanti da nichilista, mi ingannava su questo fatto fondamentale. Quando si va verso la fine, appare impossibile che “la mancanza di fine in sé” sia il nostro principale articolo di fede.
La disgrazia proviene dalla pigrizia.
La morte è il più sicuro dimenticatoio.
Il silenzio è insostenibile. È più facile rinunciare al pane che al verbo. Il moto dello spirito esige parole in massa, senza le quali, avvolto su se stesso, rimugina la sua impotenza. Disgraziatamente l’eloquio scivola nello sproloquio. Anche il pensiero vi tende, sempre pronto a espandersi, a gonfiarsi. Arrestarlo con l’acredine, contrarlo nell’aforisma o nella battuta, significa opporsi alla sua espansione, al suo movimento naturale, al suo slancio verso la prolissità o la dilatazione. Da qui i sistemi, da qui la filosofia, da qui la letteratura.
Non è più la morbidezza del fiore, ma vi è del grano disseccato, pieno, fecondo, che rende sicura la stagione invernale.