Andrea G. Pinketts – Morte
Nei cimiteri, per quanti fiori ci siano, non è mai primavera.
Nei cimiteri, per quanti fiori ci siano, non è mai primavera.
È meglio morire svuotandosi che riempendosi, e meglio di fame che d’indigestione.
Nella morte non c’è niente di triste, non più di quanto ce ne sia nello sbocciare di un fiore. La cosa terribile non è la morte, ma le vite che la gente vive o non vive fino alla morte. Non fanno onore alla propria vita, la pisciano via. La cagano fuori. Muti idioti. Troppo presi a scopare, film, soldi, famiglia, scopare. Hanno la testa piena di ovatta. Mandano giù Dio senza pensare, mandano giù la patria senza pensare. Dopo un po’ dimenticano anche come si fa a pensare, lasciano che siano gli altri a pensare per loro. Hanno il cervello imbottito di ovatta. Sono brutti, parlano male, camminano male. Gli suoni la grande musica dei secoli ma loro non sentono. Per molti la morte è una formalità. C’è rimasto ben poco che possa morire.
Quando muori, puoi essere circondato da amici ma comunque sia in quel momento sei solo. Sei solo ad affrontare la morte.
Tutto è precario nella vita terrena, le cose, le persone non sono mai veramente nostre, non le portiamo con noi quando passiamo nell’aldilà. Siamo solo noi stessi e basta, e forse lasciamo un vuoto a chi ci ha amato davvero.
Dopo la morte dello scrittore, leggere il suo diario è come ricevere una lunga lettera.
Non ho mai pensato seriamente alla mia morte ma morire a posto di qualcuno che amo è un buon modo per andarsene.