Roberto Gervaso – Morte
È la morte dei singoli, non delle masse, che ci sconvolge.
È la morte dei singoli, non delle masse, che ci sconvolge.
É l’amore che ci trasmette il coraggio di morire, non il dolore.
Ogni qualvolta muore un uomo, è un universo intero a venire distrutto. Ce ne rendiamo conto non appena ci identifichiamo con quell’uomo.
La morte è un cammino solitario, che ci porterà nel cuore del mistero. Non è qualcosa da condividere, nemmeno con le cose o le persone che ci sono più vicine, perché nulla e nessuno può aiutarci a intraprendere un viaggio privo di qualsiasi contatto con le cose che conosciamo.
La memoria riesce a far vivere il ricordo di una persona cara, a farcela rivedere nel suo aspetto più splendente, al di là del muto riposo della tomba.
Per quasi tutto il genere umano la morte e l’immortalità sono materia di debole e rara curiosità. Pochissimi uomini passeggiano fissando il cielo, e vivono pensando alla morte.
Se non fosse la morte, quasi non sarebbe poesia nella vita.
Morire non è nuovo sotto il sole, ma nuovo non è più nemmeno vivere.
Si dimentica presto la morte degli altri, per non dover pensare alla propria.
La morte è l’unico mezzo di evasione sicura da un mondo assurdo, tutti gli altri metodi non consentono risultati apprezzabili; dunque poiché siamo tutti prigionieri, per i più caritatevoli è giunta l’ora di aiutare il proprio prossimo.
La morte, se non è un pensiero, non fa paura.
Alcuni popoli quando muore qualcuno usano piangere, altri ridere, bene, i primi dovrebbero scomparire.
Che cosa si può pretendere da un mondo in cui quasi tutti vivono soltanto perché non hanno il coraggio di suicidarsi!
Se gli uomini si conducessero sempre al fianco la morte, non servirebbero sì vilmente.
La pallottola che mi ucciderà non è ancora stata forgiata.
Al momento della morte spero di essere sorpreso.
Un bel morir tutta la vita onora.