Arthur Schopenhauer – Religione
Quando uno comincia a parlare di Dio, io non so di cosa parli, infatti le religioni, tutte, sono prodotti artificiali.
Quando uno comincia a parlare di Dio, io non so di cosa parli, infatti le religioni, tutte, sono prodotti artificiali.
Se a un Dio si deve questo mondo, non vorrei essere nei suoi panni; il dolore e le ingiustizie che vi regnano, mi strazierebbero il cuore.
Se un Dio ha fatto questo mondo, non vorrei essere quel Dio: la miseria che l’uomo vi ha creato mi spezzerebbe il cuore.
Il credente non si lascerebbe strappare la sua fede né tramite argomentazioni né tramite proibizioni. E se anche la cosa riuscisse nel caso di qualcuno, sarebbe una crudeltà. Chi per decenni ha preso sonniferi, naturalmente non può dormire se ne viene privato.
La conoscenza è fatta di una materia più dura di quella della fede sicché, quando si urtano, è la fede a spaccarsi.
Coloro che combinano discorsi difficili, oscuri, confusi e ambigui sicuramente non sanno affatto cosa vogliono dire, ma hanno soltanto un’oscura consapevolezza che ancora si sforza di trovare un pensiero. Spesso però essi vogliono celare a sé stessi e agli altri che non hanno nulla da dire.
In genere è meglio palesare la propria intelligenza con quello che si tace piuttosto che con quello che si dice. La prima alternativa è la saggezza, la seconda vanità.
La salute sta tanto al di sopra di tutti i beni esteriori, che in verità un mendico sano è più felice di un re malato.
La parola di un uomo è il più duraturo dei materiali.
Genio e follia hanno qualcosa in comune: entrambi vivono in un mondo diverso da quello che esiste per gli altri.
Chi non ama le donne il vino e il canto, è solo un matto non un santo!
Ogni bambino che nasce è in qualche misura un genio, così come un genio resta in qualche modo un bambino.
I pregi della posizione sociale, della nascita, sia pure regale, della ricchezza e simili stanno agli autentici pregi personali, il grande spirito o il grande cuore, come i re da palcoscenico stanno a quelli veri.
Solo il cambiamento è eterno, perpetuo, immortale.
L’arte si deve necessariamente considerare come il grado più alto, come l’evoluzione più perfetta di quanto esiste; ci offre infatti essenzialmente la stessa cosa che il mondo visibile; ma più concentrata, più perfetta, con scelta e con riflessione: possiamo quindi, nel vero senso della parola, chiamarla il fiore della vita. Se il mondo come rappresentazione non è che volontà divenuta visibile, l’arte è precisamente tale visibilità resa più chiara; la camera oscura che abbraccia meglio e con una sola occhiata; è lo spettacolo nello spettacolo, la scena nella scena.
La musica è un quietivo della volontà; non lo redime per sempre dalla vita, ma solo per brevi istanti, e non è ancor una via a uscir dalla vita, ma solo a volte un conforto nella vita stessa.
La musica, intesa come espressione del mondo, è una lingua universale al massimo grado, e la sua universalità sta all’universalità dei concetti più o meno come i concetti stanno alle singole cose.