Charles Bukowski – Tristezza
La vera solitudine non è necessariamente limitata a quando si è soli.
La vera solitudine non è necessariamente limitata a quando si è soli.
D’un tratto, cominciai a sentirmi depresso. Non farlo, non farlo, Balene, dissi a me stesso. Non c’era scampo. Eravamo tutti fregati. Non c’erano vincitori. C’erano solamente vincitori apparenti. Stavamo tutti dando la caccia a un mare di niente. Giorno dopo giorno. La sopravvivenza sembrava l’unica necessità. Il che non sembrava abbastanza. Non con la Signora Morte in attesa. Quando ci pensavo mi faceva impazzire. Non pensarci Belane, dissi a me stesso. Non c’era scampo.
Perdonatemi, sarò matto, ma per me, tranne qualche pezzetto di fica, non me ne fregherebbe proprio un tubo se morissero tutti, al mondo. Sì, lo so, non è carino. Ma io sarei contento, come una lumaca. Dopotutto è la gente che m’ha reso infelice.
Era un buon momento. Quello che non riuscivo a tollerare era il pensiero che un giorno tutto sarebbe finito in niente. Gli amori, le poesie, i gladioli. Ci saremmo ritrovati imbottiti di terra come panini.
Anch’io ho sbattuto il mio entusiasmo contro un muro, lo prendevo a pugni fino a sanguinare e continuavo a picchiare, ma il mondo restava com’era, spiacevole, mostruoso, letale.
Nel nostro mondo i sani di mente sono troppi, troppo arrendevoli. Ci insegnano a vivere vite di noia. Non importa cosa facciamo, scopare o mangiare o giocare o parlare o scalare montagne o fare il bagno o prendere un volo per l’India. Siamo intorpiditi, tristemente sani di mente.
Vedi, non so come spiegarmi. È una cosa di cui sogno spesso. Il mondo è stanco. La sua fine è vicina. La gente ha perso il gusto della vita, si son fatti di sasso. Nulla conta più niente. Sono stufi di se stessi. Bramano la morte e la loro preghiera verrà esaudita.
Non so cosa ne sarà di noi. Ci occorre un sacco di fortuna. E la mia è cattiva, ormai da tempo. E il sole si avvicina. E la vita, per brutta che paia, vale altri due tre giorni. Pensa che ce la faremo?
È possibile affogare nel nulla e avere la nausea di tutto?
C’era tanta tristezza in tutto, anche quando le cose funzionavano.
Che tristezza. È triste, per davvero, che campiamo tutti quanti come idioti, e alla fine moriamo.
Sdraiato sul letto, sentivo il mio cuore battere forte. Era un suono triste.
Desidero tanto ciò che non è qui e non so dove altro andare.
Credo che non viaggerò mai più. Viaggiare non è altro che una seccatura: di problemi ce ne sono sempre più che a sufficienza dove sei.
Le due più grandi invenzioni dell’uomo sono il letto e la bomba atomica: il primo ti tiene lontano dalle noie, la seconda le elimina.
L’uomo è la fogna dell’universo.
Del resto, che c’era di giusto? C’era mai stata giustizia, anche solo per un momento, per i pesci piccoli? Tutte quelle stronzate che gli davano a bere sulla democrazia e le pari opportunità non servivano altro che a tenerli buoni, perché non bruciassero tutta la baracca. Certo, una volta ogni tanto c’era qualcuno che riusciva a tirarsi fuori dalle macerie e a emergere. Ma per ognuno di questi ce n’erano centinaia di migliaia in mezzo a una strada o in prigione o in un manicomio, o suicidi o drogati o sbronzi. E molti e molti di più che facevano lavori spregevoli e mal pagati e buttavano via tutti gli anni della loro vita in cambio della pura e semplice sopravvivenza. La schiavitù non era stata eliminata affatto, era solo stata allargata fino a comprendere i nove decimi della popolazione. Dappertutto. Santa merda.