Charles Bukowski – Stati d’Animo
Questa incompletezza è tutto ciò che abbiamo.
Questa incompletezza è tutto ciò che abbiamo.
La gente era sempre interessante da principio. Poi, lentamente ma inesorabilmente, spuntavano i difetti e la pazzia. Io significavo sempre meno per loro, loro significavano sempre meno per me.
La razza umana mi ha sempre disgustato. Ciò che, in sostanza, me la rende disgustosa è la malattia dei rapporti familiari, il che include il matrimonio, scambio di potere e aiuti, cosa che, come una piaga, come una lebbra, poi diviene: il tuo vicino di casa, il tuo quartiere, la tua contea, la tua patria… tutti quanti che s’abbracciano stronzamente gli uni agli altri, nell’alveare della sopravvivenza, per paura e stupidità animalesca.
Io chiedo solo di non essere immerso nella banalità dell’umanità.
Non mi piacciono i fine settimana. Tutti erano fuori per le strade. Tutti a giocare a ping pong o a falciare l’erba o a lustrare le macchine o in giro per i supermercati per i parchi e per le spiagge. Gente dappertutto. Il lunedì era il mio giorno preferito. Tutti tornavano al lavoro e non mi toccava vederli.
A volte mi sento come fossimo tutti prigionieri di un film. Sappiamo le battute, sappiamo dove metterci, come recitare, manca solo la macchina da presa. Però non possiamo uscire dal film. Ed è un brutto film.
Cristo, pensò, la gente ha intestini, bocche, polmoni, orecchie, ombelichi, organi sessuali, e capelli, pori, lingue, a volte denti, e tutte le altre parti unghie, ciglia, dita dei piedi, ginocchia, pance. C’era qualcosa di estenuante in tutto questo. Perché nessuno se ne lamentava?
Come cazzo è possibile che a un uomo piaccia essere svegliato alle 6.30 da una sveglia, scivolare fuori dal letto, vestirsi, mangiare a forza, cagare, pisciare, lavarsi i denti e pettinarsi, poi combattere contro il traffico per finire in un posto dove essenzialmente fai un sacco di soldi per qualcun altro e ti viene chiesto di essere grato per l’opportunità di farlo?
Vivere fino alla morte è già una gran fatica.
La monotonia, un lavoro fisso che non portava a niente, anime che cercavano altre anime per sfuggire ad imbarazzanti silenzi ed una città senza stimoli che cercava di camuffare la noia dietro falsi sorrisi, musica assordante e belle gambe inavvicinabili. Niente di buono. Ma era incredibile come la gente riusciva ad adattarsi.
La maggior parte della gente è terribilmente incompetente da un punto di vista professionale. Io pure, forse. Non ne sono del tutto sicuro. Una cosa invece di cui sono proprio sicuro è che sono in grado di prenderti a calci in culo. Non che sia importante, ma in qualche modo mi tranquillizza.
Ho un problema con i volti umani. Faccio una gran fatica a guardarli. Ci ritrovo la totalità della vita di ciascuna persona scritta qua e là ed è una vista orribile. Vedere migliaia di facce al giorno ti sfinisce dalla punta dei capelli alla pianta dei piedi. Passando per le budella.
Penso che la gente, quella gente, l’umanità che per me è stata sempre difficile, quella gente alla fine stia vincendo. Penso che il problema grosso sia che per loro sia tutto quanto una replica. Nessuna freschezza. Non un minimo prodigio. Semplicemente, continuano a macinarmi. Se un giorno vedessi anche una sola persona che fa o dice qualcosa di insolito, mi aiuterebbe a tirare avanti. Invece sono stantii, grigi. Non c’è slancio. Occhi, orecchie, gambe, voci ma niente. Rinchiusi dentro se stessi, si prendono in giro, fingendo di essere vivi.
Seduto con una bottiglia alla macchina da scrivere non è la via più semplice per scampare al terrore. Ho sognato per una vita di diventare scrittore e adesso i demoni sono su di me. Scrivere eleva i sentimenti a tale livello che siamo alla mercè di tutti gli avvenimenti. Un filo d’erba diventa una spada; una storiella d’amore dilania le viscere. Con quei pochi che conosco fingo di essere un duro, ma non la do a bere a nessuno. Una delle poche cose che mi salva (ecco una banalità) è l’abilità di ridere ogni tanto. Senza quella andare avanti sarebbe impossibile.
Quando uno muore, per lui la faccenda è molto reale; per gli altri, solo una disgrazia o un ingombro da levar di torno, e per questo c’è il cimitero.
Perché le persone interessanti sono così poche? Con tanti milioni, perché sono così poche? Dobbiamo continuare a vivere con questa specie noiosa e monotona? Sembra che il loro unico gesto sia la Violenza. In quello sono bravissimi. Brillano. Luccicore di merda, che ci ammorba ogni possibilità. Il problema è che devo continuare a interagire con loro. Almeno se voglio che le luci continuino ad accendersi, che mi riparino il computer, se voglio tirare lo scarico del cesso, se devo comprare le gomme nuove, farmi togliere un dente o farmi tagliare la pancia, devo continuare a interagire. Ho bisogno di quegli stronzi per le piccole necessità, anche se loro, in sé, mi fanno inorridire. E inorridire è una parola gentile.
Guerra, guerra, guerra il mostro giallo, la divoratrice di anime e corpi. Guerra l’indescrivibile, il piacere del folle, l’ultimo argomento a disposizione degli uomini non cresciuti. Deve esistere per forza? E noi? E intanto ci avviciniamo all’ultimo lampo, all’ultima chance che ci resta. Resta soltanto un fiore, un solo istante per respirare così.