Michelangelo Da Pisa – Stati d’Animo
Dal tuo sguardo non si torna indietro, sei quel punto della mia vita dal quale le mie emozioni rotolano incontrollabili in discesa.
Dal tuo sguardo non si torna indietro, sei quel punto della mia vita dal quale le mie emozioni rotolano incontrollabili in discesa.
Siamo attimi alla mercé del soffio della vita, dipinti dagli eventi, sognatori sopravviventi.
Sono materia temprata dalla realtà, plasmata dai sogni, ossidata dai rimpianti.
Sono la somma delle mie solitudini, al netto delle mie inquietudini.
Mi chiusi in me e gettai la chiave in un pantano di solitudine. Puoi vederli ancora i graffi delle mie unghie, consumate sulla porta del tempo. Una notte, senza il calore di un perché, respirai il coraggio della fuga, soprattutto da me stesso.
A vederle così, ordinate in un innocuo alfabeto, non lo penseresti mai. Ma quando si alleano in parole, diventano avide di vita. Non fanno prigionieri, in branco mietono solo vittime.
Non è che non voglia crescere, è entrata acqua nell’orologio biologico.
Siamo bolle di sapone soffiate dal destino, carezzate dai venti, deformate dagli eventi.
La poesia più pura non s’impregna mai d’inchiostro, sarà voce tremante alla mercé esclusiva del suo udito.
Per donarmi è essenziale perdonarmi.
In quest’era sentimentale glaciale sarebbe auspicabile un effetto serra interiore, un riscaldamento globale dei cuori.
Sono una lingua incompresa, un paesaggio nascosto allo sguardo distratto, una pioggia inattesa, un letto disfatto.
Io l’ho conosciuto un vero eroe. Guardava il mondo con la curiosità di un bambino, colorava i pensieri con la saggezza di un anziano, era capace di amare con l’istinto di un cane.
Non esiste rifugio così profondo da proteggerti dai graffi di un rimorso.
Empatico per indole, apatico per esperienza, sociopatico per necessità.
Ciò che sento e ciò che vivo sono in perfetta disarmonia, una curiosa asincronia, un’indecifrabile dicotomia.
Selvagge, impetuose, le emozioni entrano sotto pelle con barbara veemenza, espugnando l’orgoglio, depredando respiri. Poi fuggono in ritirata tra i silenzi di macerie e ceneri. Ovunque brandelli d’anima, schegge di utopia, nubi impenetrabili di nostalgia.