Silvana Stremiz – Figli e bambini
Basta poco a far piangere un bambino, ma ancora meno per farlo sorridere.
Basta poco a far piangere un bambino, ma ancora meno per farlo sorridere.
I figli sono pieni di sogni nei cassetti, le mamme spesso sono la loro bacchetta magica.
Il bambino che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che ha dentro di sé.
Ero un bambino, cioè uno di quei mostri che gli adulti fabbricano con i loro rimpianti.
I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli adulti il nulla nel tutto.
Una madre per un figlio commette perfino delle follie, delle assurdità. In nome di questo amore indescrivibile.
Anche le madri più credenti, sono disposte a rinunciare all’eternità pur di stringere a se il loro figlio anche solo un attimo in più.
I respiri delle mamme sono in realtà, dei continui sospiri. Sospiri di sollievo, di sorpresa di dolore o felicità per questi nostri figli.
Se mi chiedessero di scrivere una lettera a una bambina che sta per nascere, lo farei così.Cosa hai sentito finora del mondo attraverso l’acqua e la pelle tesa della pancia di mamma? Cosa ti hanno detto le tue orecchie imperfette delle nostre paure? Riusciremo a volerti senza riempire il tuo spazio di parole, inviti, divieti? Riusciremo ad accorgerci di te anche dai tuoi silenzi, a rispettare la tua crescita senza gravarla di sensi di colpa e di affanni? Riusciremo a stringerti senza che il nostro contatto sia richiesta spasmodica o ricatto di affetto? Vorrei che i tuoi Natali non fossero colmi di doni-segnali a volte sfacciati delle nostre assenze ma di attenzione. Vorrei che gli adulti che incontrerai fossero capaci di autorevolezza, fermi e coerenti: qualità dei più saggi. La coerenza, mi piacerebbe per te. E la consapevolezza che nel mondo in cui verrai esistono oltre alle regole le relazioni e che le une non sono meno necessarie delle altre, ma facce di una stessa luna presente. Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a inseguire le emozioni come gli aquiloni fanno con le brezze più impreviste e spudorate; tutte, anche quelle che sanno di dolore. Mi piacerebbe che ti dicessero che la vita comprende la morte. Perché il dolore non è solo vuota perdita ma affettività, acquisizione oltre che sottrazione. La morte è un testimone che i migliori di noi lasciano ad altri nella convinzione che se ne possano giovare: così nasce il ricordo, la memoria più bella che è storia della nostra stessa identità. Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a stare da sola, ti salverebbe la vita. Non dovrai rincorrere la mediocrità per riempire i vuoti, né pietire uno sguardo o un’ora d’amore. Impara a creare la vita dentro la tua vita e a riempirla di fantasia. Adora la tua inquietudine finché avrai forza e sorrisi, cerca di usarla per contaminare gli altri, sopratutto i più pavidi e vulnerabili. Dona loro il tuo vento intrepido, ascolta il loro silenzio per curiosità, rispetta anche la loro paura eccessiva. Mi piacerebbe che la persona che più ti amerà possa amare il tuo congedo come un marinaio che vede la sua vecchia barca allontanarsi e galleggiare sapiente lungo la linea dell’orizzonte. E tu allora porterai quell’amore sempre con te, nascosto nella tua tasca più intima.
Un figlio è la dolce ossessione di ogni mamma.
Conviene a chi nasce molta oculatezza nella scelta del luogo, dell’anno, dei genitori.
I figli da piccoli ci adorano, crescendo lo fanno per i nostri sì e ci amano per le cose che siamo in grado di dargli. Ci odiano per quei no.Da adulti arriveranno ad amarci anche per quei no.
Non esiste un genitore perfetto. Meglio imperfetto ma attento.
Non sono i tanti sì a renderci dei buoni genitori. Ma sono i giusti no a farlo.
I figli sono coloro che continueranno a scrivere le pagine della nostra vita. Con la loro, a modo loro.
I figli sono i nostri sogni avverati. Ma non ci appartengono.
Le mamme amano troppo, e vengono amate la metà.