Raniero Cappelli – Ricordi
I leggeri ricordi uno sull’altro, formano i fili più resistenti della trama.
I leggeri ricordi uno sull’altro, formano i fili più resistenti della trama.
Dio gioca di sponda a biliardo. Ci aspettiamo sempre un tiro diritto, e quando la palla colpisce la sponda senza aver fatto neppure un punto, ci allontaniamo dalla sala sconsolati e tristi ancor prima che la sfera abbia finito per intero tutto il suo tragitto.
Vale la pena di morire per continuare a vivere, per far si che un giusto sorriso, diventi il sorriso di un giusto. Vale la pena di morire, affinché una sofferenza temporanea, non divenga un’eterna sofferenza. Per raccontare ad altri, che l’altro è importante come te. Vale la pena di morire per sapere per chi sei vissuto, perché sei nato e se ciò che hai sempre immaginato è vero, come ciò in cui hai sempre creduto. Per capire cosa veramente è importante e cosa invece non lo è. Vale la pena di morire per lasciare ad altri l’eredità di quel che sei stato e di quello che hai imparato. Per chiarire quello che hai fatto e per cosa hai lottato… se mai hai combattuto. Vale la pena di morire per una carezza ricevuta e per una appena data, ma vale anche la pena di vivere fino all’ultima stilla, perché la vita non è una pena, ma una stella che una sola volta brilla.
Effimera.Che sia sempre una soggezione, lo sbuffo di spazio che s’interpone fra l’idea e un gradino di prima grandezza,si può intuire dal frutto dolce amaro posto a custodia della distanza tra un’esitazione reale ad esclusivo vantaggio di chi ne è detentoree una rimostranza impulsiva proveniente da chi dà senza riceveree da chi riceve senza alcun che dare.
-In cammino sulla faccia del pianeta – per infine scegliere un giorno d’essere poesia dell’essere, “come canto creato sulle sue labbra”, o profonda cicatrice del suo volto, indifferenti al nostro vero motivo d’essere.
Come cielo un sorriso,tra le mura della nostra prigione.
Quanto più il mondo è “piatto”, tanto più risultiamo essere la sua portata principale.
Influire nel creare ciò che circonda, da questo il tuo grado di libertà.
La verità? Alla fine del tempo. E se il nostro tempo non avesse mai fine? Allora tutto sarebbe eterna verità.
Fermati un eterno istante, in un attimo irripetibile.
L’immensità di esserci è talmente grande che non può che esservi associato un grande potere.
Solo colui che s’immedesima nel suo presunto destino, può farlo diventare tale.
In un destino comune a tutti, solo il tenersi per mano è un destino giustificabile.
Trucchi e segreti.Delle tue memorie puoi conoscerne segreti terre e confini che le separano dalle altre, ma non credere di passeggiarvi svogliatamente attraverso, specialmente in quelle altrui, le qual trame non ti competono, poiché anche se quel che vedi ti appare sempre come nuovo, ciò che è stato è ben fermo in te e non serve a niente e a nessuno, sottrarre luci d’esistenza per poi farne raffinate eccedenze, semplici chiaroscuri, di dubbia utilità.
Nessun fiume scorre controcorrente, la cui acqua non voglia.
Semplicemente…Nel suo intimo un gesto semplice, è un atto estremo che distrugge ogni ragione dei suoi mille perché non farlo.
Figli di nessuno(come il buon padre di famiglia)Che padre è colui che dilapida le fortune dei suoi figli,che a tavola invita coloro che non dovrebbe invitare,che fomenta lo scontro tra chi dovrebbe amare,che insegna ciò che non dovrebbe insegnare.Che padre è colui che non incoraggia i figli con coraggio a proseguire,che non accudisce il figlio più debole che dovrebbe accudire,che nella famiglia punisce la sua parte migliore e non trae esempio da chi la vita gli ha voluto donare.Che padre è chi non ricorda quel che il destino gli ha voluto affidare,che non interpreta i sogni di chi vuol farsi guidare,che pensa: – Il mio tempo è prezioso, quello dei miei figli è giusto sprecare-,che non ricorda ciò che era e non sa più dove deve andare.Che padre è se alla fine padre vuol farsi chiamare, ma non ha coscienza di ciò che in coscienza dovrebbe fare.In fondo dico a voi:chiamatelo pure,chiamatelo pure un po’ come vi pare,ma per chiamarsi “Stato”,se lo dovrebbe meritare.