Andrea De Candia – Religione
Non amo il divino nella sua assolutezza, non vi trovo alcun fascino, nessuna macchia, nessuna meravigliosa scissione: mi appassiona piuttosto il divino che si cela dentro il più fragile umano.
Non amo il divino nella sua assolutezza, non vi trovo alcun fascino, nessuna macchia, nessuna meravigliosa scissione: mi appassiona piuttosto il divino che si cela dentro il più fragile umano.
È solo da Dio che mi lascio usare. Lui non mi potrà mai sfruttare.
I talenti sono meriti che Dio sceglie di donare senza merito.
Il nostro carattere è composto da un Dio umano e da un umano Dio.
Non so sia un valore aggiunto pensare di aiutare i bambini affamati, che si trovano nell’altra parte del pianeta, e poi non aiutare una vecchietta ad attraversare la strada, oppure non degnare nemmeno di uno sguardo chi in strada ti chiede un aiuto.
Scrivo affinché possa chiarirmi, e, rischiarandomi la mente, il pensiero mi ritorni più chiaro.
La vita della poesia è come aria: incolore, informe, viene da fuori, devi inspirarla per alimentare l’ispirazione, poi espirala e buttala fuori dalle interiora del tuo corpo. Sarà qualcosa che hai creato, qualcosa di tangibile.
I poeti già sono pochi, ma ancora più pochi sono quei poeti grandi nella semplicità.
Poesia è metasentimento.
Nella mia testa c’è sempre del fumo. Scrivere equivale a renderlo arrosto.
Le parole sono i suoni di un’orchestra dove l’istinto e la ragione si divertono a passarsi la bacchetta.
L’aforisma è un che di poetico massimamente concentrato nel minimo spazio possibile.
La mia paura più grande è quella di morire senza aver realizzato i miei sogni.
Le parole sono i suoni di un’orchestra dove l’istinto e la ragione si divertono a passarsi la bacchetta.
La morte di cui si dovrebbe aver paura non è quella del corpo, ma quella della memoria.
Cosa è mai la morte? Forse il secondo più libero e corto, dopo l’attimo più soffocato?
Non è la morte a sottrarmi l’invincibilità, ma il sonno.