William Shakespeare – Paura & Coraggio
Vatti a impiccare, rognoso cagnaccio!Alla forca, figliaccio di puttana,con questo tuo sbraitare da villano!Scommetto che paura d’affogarece n’hai assai più tu, che tutti noi.
Vatti a impiccare, rognoso cagnaccio!Alla forca, figliaccio di puttana,con questo tuo sbraitare da villano!Scommetto che paura d’affogarece n’hai assai più tu, che tutti noi.
Le mie parole volano in alto, i miei pensieri rimangono a terra; le parole senza pensiero non vanno mai in paradiso.
L’inferno non è mai tanto scatenato quanto una donna offesa.
L’inferno è vuoto… tutti i diavoli stanno qui.
Per i nemici non riscaldate tanto la fornace da bruciarvi voi stessi.
L’uomo che non ha alcuna musica dentro di sé, che non si sente commuovere dall’armonia di dolci suoni, è nato per il tradimento, per gli inganni, per le rapine. I motivi del suo animo sono foschi come la notte: i suoi appetiti neri come l’erebo. Non vi fidate di un siffatto uomo. Ascoltate la musica.
Val meglio di meritare il suffragio di un sol uomo di gusto, che di suscitare, con mezzi indegni dell’arte, gli applausi di una sala piena di spettatori volgari.
La terra ha musica per coloro che ascoltano.
Se la musica è il nutrimento dell’amore, continuate a suonare.
La musica è il cibo dell’amore.
Un uomo può morire solo una volta: a Dio noi dobbiamo solo una morte.
Se devo morire, andrò incontro alla morte come ad una sposa e la stringerò fra le mie braccia.
Tutto ciò che vive deve morire, passando dalla natura all’eternità.
Il resto é silenzio.
Com’è vero ch’io amo più l’onore del nome mio, io non temo la morte. -da “Giulio Cesare”
Oh, dicono che la voce dei moribondi attragga la mente come un’armonia profonda. Non si fa spreco di parole quando ne restano poche, coloro che dicono le parole nel dolore dicono il vero.
E perché non la morte, piuttosto che una vivente tortura?Morire è come esser messi al bando di se medesimi. Silvia è un altro me: bandirmi da lei è esiliar me da me stesso: mortale esilio! Qual luce è luce, se non per veder Silvia? Qual gioia è gioia, se Silvia non mi è vicina? O se non altro poter pensare che mi è vicina, e godere almeno il riflesso della perfezione? Se una notte Silvia non mi è vicina, non ha armonia il canto del rosignolo; se un giorno non contemplo Silvia, quel giorno non esiste per me. Ella è l’essenza stessa di me ed io non sono, se quel suo dolce influsso non mi riscalda, non m’illumina, non mi carezza, non mi alimenta. Col sottrarmi alla condanna mortale non eviterei di morire: se mi attardo qui non vado incontro che alla morte, ma se fuggo di qui fuggo lontano dalla vita.