Cesare Pavese – Tristezza
La massima sventura è la solitudine.
La massima sventura è la solitudine.
La tua modernità sta tutta nel senso dell’irrazionale.
Nulla si assomma al resto, al passato. Ricominciamo sempre.
Si resiste a stare soli finché qualcuno soffre di non averci con se, mentre la vera solitudine è una cella intollerabile.
L’angoscia vera è fatta di noia.
Non dobbiamo lagnarci se una persona a noi carissima ci presenta a volte atteggiamenti odiosi che ci tirano i nervi o, comunque, ci fanno soffrire. Non dobbiamo lagnarci, ma tesorizzare avidamente queste nostre ire e amarezze: ci serviranno per lenire il dolore il giorno che quella persona ci verrà in qualche modo a mancare.
I grandi poeti sono rari come i grandi amanti, non bastano le velleità, le furie e i sogni; ci vuole di meglio: i coglioni duri.
Il sogno è una costruzione dell’intelligenza, cui il costruttore assiste senza sapere come andrà a finire.
Nel sogno sei autore e non sai come finirà.
L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché è cominciare, sempre, ad ogni istante.
Non è che si esprima niente, scrivendo. Si costruisce un’altra realtà, che è parola.
Quale mondo giaccia al di là di questo mare non so, ma ogni mare ha un’altra riva, e arriverò.
Per disprezzare il denaro bisogna averne, e molto.
È religione anche non credere in niente.
L’amore è la più a buon prezzo delle religioni.
Far poesie è come far l’amore: non si saprà mai se la propria gioia è condivisa.
Bacca: Qui si dice che fu per amore.Orfeo: Non si ama chi è morto.